ARTICOLO 21 DELLA COSTITUZIONE

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mercoledì 22 settembre 2010

VIOLENZA SULLE DONNE, TROPPI SILENZI

La denuncia di Annamaria Montanaro, presidente dell'associazione Safiya, centro antiviolenza: "Anche il Comune ci ignora"

 
Il silenzio uccide non solo l'anima ma anche il corpo, quello delle donne straziate dalla violenza che non appare agli occhi del mondo perché celata dalla maschera indossata ogni giorno con parenti, amici, colleghi di lavoro. Eppure basterebbe andare oltre, leggere gli sguardi malinconici, per non chiudere gli occhi davanti ai segnali di aiuto che, in modo o nell'altro, vengono lanciati. Certo è troppo imbarazzante confessare che il proprio marito o partner, nascosto dalle mura domestiche, esercita pressioni psicologiche o violenze fisiche. Ma ancora più imbarazzante pensare che c'è gente che non aiuta il proprio caro perché ha paura del disonore familiare. Nella maggior parte dei casi, dobbiamo dire, quasi tutti sanno ma non parlano, sono presenze silenziose che preferiscono bisbigliare lanciando solo incauti giudizi. Di questo e di altro abbiamo parlato con Anna Montanaro, presidente dell'associazione Onlus Safiya. Nata ufficialmente l'8 marzo 2005, è sede del Centro Antiviolenza che funziona su Bari e provincia grazie ad un numero di telefono attivo h.24: 3332640790, garantito l'anonimato; 1522 il numero nazionale antiviolenza. In rete con il centro nazionale Dire e quello regionale Donne di Puglia, in cinque anni ha ascoltato oltre 50 donne, 30 i casi sui cui è intervenuta, tanti se si considera il tessuto sociale di omertà in cui opera Safiya. Senza contare il silenzio delle istituzioni come dalla stessa denunciato. Ha sede in via Don Luigi Sturzo a Polignano a Mare.

Chi risponde al numero di telefono?

"Persone preparate, capaci di leggere tutto in chiave di cultura di genere. Nel senso che bisogna essere sempre dalla parte delle donne senza porsi sulla cattedra a giudicare. Noi non dettiamo soluzioni, aiutiamo la donna a recuperare gli strumenti per poter scegliere cosa fare della propria vita".

Quali sono i bisogni più urgenti?

"Spesso ci chiedono un lavoro per rendersi autonome ma purtroppo non è nelle nostre possibilità. Ci chiedono un alloggio perché hanno la necessità di allontanarsi dalla propria casa o di averne una, ma da queste parti non c'è una politica di elezione rispetto alle donne che subiscono violenza. C'era la Città di Petra a Bari ma è stata chiusa, il Comune non ha rinnovato la convenzione. Quando mancano aiuti concreti sono costrette a tornare nelle loro difficili situazioni, così viene messa in pericolo la loro vita".

Come funziona il servizio?

"La telefonata è il primo approccio, ci sono arrivate richieste d'aiuto anche da Napoli e Venezia. Qualche giorno fa abbiamo ricevuto l'ennesima chiamata dal 1522 che non possiamo attivare nella nostra sede perché il comune di Polignano a Mare non ci ha concesso la linea telefonica fissa".

Come mai?

"Ci hanno comunicato che non siamo titolari del centro antiviolenza".

Nel senso che a Polignano ci sono altri centri riconosciuti?

"Secondo la legge regionale sui piani di zona la gestione dei centri antiviolenza deve essere affidata tramite bando. A Polignano il bando è stato vinto dalla cooperativa sociale San Francesco di Ugento, anche unica partecipante. Le Onlus ne erano escluse per cui non abbiamo potuto partecipare. L'assessore ai Servizi Sociali ci ha comunicato che gli addetti lavoreranno all'interno dei locali comunali che ospitano Safya, noi naturalmente metteremo a disposizione della cooperativa la nostra esperienza, a tal fine ho anche contattato senza successo l'amministratore unico della cooperativa, ma nessuno si è ancora fatto vivo".

Le leggi sono leggi ma c'erano alternative per non sprecare la vostra esperienza?

"La legge regionale prevede che i Comuni possono fare convenzioni con i centri antiviolenza già esistenti. Sono esperienze già esistenti in tutta Italia. Evidentemente a Polignano esiste una dicotomia tra il riconoscimento degli storici centri antiviolenza regionali e nazionali (esempi: Linea Rosa di Ravenna, Differenza Donna di Roma ecc…) che operano in collaborazione con le istituzioni e la nostra esperienza che è stata considerata marginale dall'Ente tanto da organizzarsi senza di noi. È ovvio che si tratta di una scelta politica".

Ne ha parlato con il Sindaco?

"Ho protocollato 13 lettere e all'inizio della legislatura ho presentato anche un bel progetto sul bilancio di genere. Mai nessuno mi ha risposto. Ci ho riprovato questa estate proponendo un progetto per affrontare il problema dello stalking attraverso la musica e lavori teatrali. E' stato respinto e personalmente mi è stato detto che 'evidentemente al Comune non interessa' ciò che facciamo. Questa risposta sinceramente non è stata molto bella, facciamo volontariato, offriamo un servizio gratuito per la società".

Come vi mantenete?

"Nessuno ci aiuta, abbiamo delle spese enormi alle quali facciamo fronte con iniziative di autofinanziamento: le donne di Safiya organizzano laboratori, gli oggetti prodotti poi vengono venduti in occasioni di eventi e manifestazioni. In programma a ottobre una cena sociale con torneo di burraco."
 
Nelle foto: la presidente di Safiya Annamaria Montanaro;
da sx Mariana Labalestra, Rosanna Chiantera, Annamaria Montanaro, Enza L'Abbate

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